C’era una volta il logo. Semplice, sintetico e, se ben progettato, immutabile. Ai grafici il compito di disegnarli e di assicurarsi che venissero applicati con rigore e coerenza. Lo si faceva prevedendo ogni possibile applicazione e ogni problema di riproduzione. Si dettavano linee guida, stilando manuali d’immagine coordinata in cui gli elementi visivi di base (logo, colore, caratteri tipografici) fissavano l’identità di un’azienda o di un’istituzione.
Oggi l’evoluzione culturale ha modificato i confini di questa pratica. Progettare brand identity efficaci richiede strategie “liquide” che diano possibilità di adattamento ai diversi contesti di utilizzo e che siano anche degli strumenti di relazione/interazione con il pubblico permessi dalla tecnologia. Negli ultimi anni si è assistito così ad una vera e propria esplosione di loghi sempre mutevoli, di grafica digitale generativa, di identità variabili.
Attraverso una panoramica di carattere generale e la descrizione del percorso progettuale di due lavori emblematici dello studio Basiq (il brand della città di Bologna e il re-design dell’identità visiva della regata più grande al mondo, la Barcolana) Matteo Bartoli proverà a tracciare un bilancio sulla direzione di questa tendenza nel graphic design.
Spoiler alert: i loghi, alla fine, sopravvivono.